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Renzo Vespignani

Nasce a Roma nel 1924. Fin dagli esordi noto per i suoi paesaggi di periferia, specchi malinconici, desolati, provocatori, di una società in caotica evoluzione.

È impossibile considerare in poche righe il senso e l’ampiezza del suo curriculum d’artista e di intellettuale: pittore, incisore, illustratore (“I Racconti” di Kafka, le “Opere Complete” di Majakowscki), scenografo (alla Scala di Milano, all’Opera di Berlino, al San Carlo di Napoli, all’Eliseo di Roma, allo Stabile di Genova), scrittore (“Il Contemporaneo”, “Città Aperta”, Diario” ed una raccolta di poesie “Quaderni di Asvenus”), la sua opera è indispensabile per disegnare correttamente il quadro dell’ultima pittura italiana. Tantissimi i suoi grandi cicli pittorici: “Imbarco per Citera”, “Album di famiglia”, “Tra due guerre”, “Come mosche nel miele”, “Manhattan Tranfer” esposte in Italia (Palazzo delle Esposizioni e Accademia di Francia a Roma, Palazzo dei Diamanti a Ferrara, promotrice di Finarte a Milano, Museo d’Arte moderna di Bologna) e all’estero (Berlino, Bonn, Grenoble, Amsterdam, Praga in musei ed  Istituzioni Statali).

Importantissima per definizione della personalità vespignanea è la sua attività di incisore. esegue la sua prima incisione, poco più che ragazzo, nell’inverno dell’occupazione tedesca “passione prima e naturalissima”, per dirla con l’artista, o “smania senza posa”; ad essa Vespignani torna fedelmente, anno dopo anno per cinquant’anni, sviluppando un racconto lungo per più di quattrocento lastre all’acquaforte, e per almeno un centinaio di pietre/lastre litografiche. Un itinerario di straordinaria efficacia rappresentativa, aspro in alcune stagioni, in altre poetico e struggente. Un linguaggio secco, fatto di segni spesso impietosi, altre volte “sensibili come capelli”: sempre di una precisione chirurgica che non ha eguali nel vasto panorama della grafica italiana. Le periferie e i personaggi di un’Italia industriale, le passioni politiche, e il ”prender parte” in un paese che invecchia e che tuttavia cresce tumultuosamente; i pochi amatissimi, Elliot, Belli, Porta, Villon, Leopardi, i fiori e le erbe del suo giardino esplorato come fosse una fantastica giungla; questo è il “film” che scorre nelle immagini incise da Vespignani. E l’altro “film”, quello della forma, in continuo spiazzamento; di una tecnica che matura e cresce e cambia, lastra per lastra, fino al raggiungimento di effetti di giocoso e sontuoso virtuosismo.

Negli ultimi anni della sua vita è stato Presidente dell’Accademia di San Luca.

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